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La Storia del Consorzio

Costituzione del Consorzio di Bonifica Tirreno Catanzarese

Il Consorzio di Bonifica Tirreno Catanzarese la cui costituzione è stata avviata con D.G.R. n. 526 del 28 luglio 2008 e si è perfezionata con il Decreto n. 31 del 12/02/2010, è subentrato al Consorzio di Bonifica della Piana di S.Eufemia; è retto dallo Statuto adottato ai sensi della Legge Regionale 23 luglio 2003 n.11 ed approvato con D.G.R. n.245 del 28/11/2008.

Il Consorzio, Ente di diritto pubblico, ai sensi dell'art. 59 e del R.D. 13 Febbraio 1933 n° 215 ha sede e domicilio legale in Lamezia Terme.

Il perimetro del comprensorio consortile è stato definito con D.G.R. n.268 del 30/06/2008; il comprensorio di operatività del Consorzio risultante ha una superficie totale di ettari 85.602 in cui ricadono per intero o parzialmente i territori di 24 comuni della provincia di Catanzaro, 2 nella provincia di Cosenza e 3 in quella di Vibo Valentia.

 

Storia del Consorzio: la bonifica della Piana di S.Eufemia 

(tratto da: G.  Medici,  P.  Principi  "le  bonifiche  di  S. Eufemia e di Rosarno" Zanichelli

Prima  della  bonifica  S.Eufemia  era  conosciuta  come  "S.Eufemia  Biforcazione", luogo di transito per la presenza della stazione e di breve sosta per i viaggiatori che dovevano raggiungere Catanzaro.

La  linea  ferroviaria  e  la  strada  Nazionale  rappresentavano  le  uniche  vie  di comunicazione che penetravano nel territorio della Piana, chiuse tutte intorno dai monti e ad occidente dal mare. 

Questi luoghi di transito erano però circondati da stagni, paludi, pantani e lagune morte e complessivamente con poche alberature.

In  tutta  la  Piana  da  Capo  Suvero  alla  foce  dell'Angitola,  le  putride  e  stagnanti acque vallive, creavano un habitat naturale dannoso all'uomo in quanto proliferava la malaria che provocava molte vittime e impediva la coltivazione del territorio.

Ad  eccezione  del  gruppo  di  case  prossime  allo  scalo  di  Gizzeria  Marina,  delle poche  case  di  contadini  in  vicinanza  della  stazione  di  Curinga,  e  di  rare costruzione  rurali  padronali  in  qualche  grande  proprietà,  la  Piana  era  priva  di abitanti.

Le uniche presenze umane erano nei pochi caselli sorti dopo la costruzione della linea ferroviaria, alcuni però, furono abbandonati, come il famoso "casello della morte". 

L'agricoltura  non  poteva  praticarsi  perché  le  acque  copiose  provenienti  dai numerosi  torrenti  generati  dalle  vicine  formazioni  montuose  provocavano  un mutante paesaggio, dominato da acquitrini che si allargavano durante la stagione invernale e si restringevano nella stagione estiva, ma senza mai disseccarsi, perché alimentati dalle piogge e dalla falda acquifera affiorante per le vicinanze del mare.

Dove  le  condizioni  naturalistiche  lo  permettevano  si  erano  formati  complessi arbustivi  densi  e  impenetrabili  di  macchia  mediterranea,  per  accedere  a  questi pantani  bisognava  affidarsi  alle  "carrare",  strade  sterrate  appena  tracciate  dal passaggio dei rustici carri trascinati dai buoi, che mutavano andamento ogni anno, assecondando la nuova distribuzione delle acque. 

Quasi  metà  della  Piana,  più  di  cinquemila  ettari,  erano  terre sconvolte  dal disordine  idraulico, aggravato da numerosi cordoni litoranei  che ostacolavano  il deflusso delle acque nel mare.

A  monte  della  ferrovia  Napoli-Reggio,  procedendo  da  Capo  Suvero  verso  il torrente Bagni, si trovava, durante il periodo delle piene, una serie di depressioni coperte  da  estesi  acquitrini,  e  alcuni  pantani  permanenti,  come  il  Maricello,  il Burrasca  e  lo  stagno  Floro.  Dopo  il  torrente  Bagni,  oltre  la  stazione  di Sant'Eufemia,  si  allargavano  estesi  acquitrini,  alimentati  dal  Cantagalli  che rendevano impraticabile e malsana una vasta estensione di terreno. A valle della ferrovia si trovava il pantano Risi e nei pressi della stazione il pantano Manchetta.

La parte del territorio, verso la collina, libera dalle acque permanenti e asciutta era utilizzata con coltivazioni di granturco, leguminose, ortaggi ed erba medica. Nelle zone  collinari  ai  margini  della  pianura  era  stato  impiantato  qualche  vigneto  e oliveto. 

Da  questo  scenario  disastroso  in  cui  versava  la  Piana  veniva  spontaneo alzare gli occhi verso i monti che la circondavano perché il disordine della pianura era anche una conseguenza del dissesto idrogeologico dei bacini montani.

Il  problema  di  bonificare  tutta  l'area  venne  già  affrontato  dai  Borboni  con  il decreto 12 novembre 1855, emanato a seguito della legge fondamentale dell'11 maggio  dello  stesso  anno,  però  non  furono  reperiti  i  fondi  necessari  per realizzare  le  opere.  E  così  pure  il  nuovo  Stato  italiano  non  riuscì  a  realizzare nulla, sebbene la bonifica della Piana di S. Eufemia fosse stata considerata come opera rispondente a un grande miglioramento igienico e a un rilevante vantaggio economico. Infatti, nella legge Baccarini del 1882 e nel T.U. 22 marzo 1900, n°

195, 1a bonifica della piana veniva classificata come bonifica di prima categoria.

Il  predetto  Testo  Unico  diede  grande  impulso  alle  bonifiche  idrauliche  sia assegnando ad esse notevoli fondi, sia perfezionando l'istituto della concessione delle bonifiche di I categoria ai proprietari riuniti in consorzio; ma è da rilevare che,  mentre  tale  forma  di  esecuzione  fu  largamente  seguita  nell'Italia Settentrionale  e  Centrale,  dove  aveva  antiche  tradizioni,  essa  non  poté  trovare concreta  attuazione  nel  Mezzogiorno,  dato  che  nessuna  delle  leggi  emanate prevedeva  mezzi  atti a  sviluppare  lo  spirito associativo, che  è  la  base dell'ente consortile.

Così, lo Stato continuò a provvedere direttamente alle bonifiche idrauliche; ma con  scarsi  risultati,  giacché  gli  interventi  -  almeno  per  l'Italia  Meridionale  - furono frammentari e diretti ad ovviare ai mali più urgenti prodotti agli abitanti e alle  campagne  dal  disordinato  regime  dei  torrenti.  Va  messo  in  rilievo,  al riguardo, una delle ragioni dell'insuccesso: l'aver seguito, nell'applicazione delle citate leggi di carattere generale, i criteri adottati nelle varie bonifiche dell'Italia Settentrionale,  senza  tener  presenti  le  diverse  caratteristiche  delle  regioni  del Mezzogiorno,  né  i  concetti  informatori  della  legislazione  borbonica,  che  erano stati consigliati dalla esperienza.

Infatti, per quanto riguarda la Calabria, è noto che la regione presenta i torrenti più rovinosi  della  penisola,  perché  essi  trovano  nella  costituzione  geologica,  nel terreno fortemente scosceso nello strato superficiale del suolo e persino nel clima, condizioni molto favorevoli al loro sviluppo.

La piana di S. Eufemia raccoglieva le copiose acque che scendevano, attraverso i numerosi torrenti, dalle  vicine  formazioni  montuose che  la sovrastano, e quindi, oltre i lavori di prosciugamento dei pantani a valle, era necessario un imponente complesso di lavori di sistemazione dei bacini montani, atti a garantire la pianura dalle periodiche inondazioni: tutti problemi tecnici, numerosi e difficili, da dover risolvere  per  affrancare  dalla  malaria  e  aprire  a  forme  di  vita  civile  la  pianura inospitale.

I lavori di bonifica della Piana formarono oggetto di appassionati dibattiti nel I° Congresso Regionale, tenutosi a Catanzaro dal 10 al 12 maggio 1903 ad iniziativa dell'Associazione  Pro  Calabria,  che  si  propose  di  raggiungere  lo  sviluppo economico della Calabria facendo presenti al Governo le sue numerose esigenze.

Il  Congresso  raccolse  unanimi  consensi  e  vasti  riconoscimenti  per  le  necessità della  regione  e  determinò  l'emanazione  della  legge  25  giugno  1906,  n°  255, contenente  provvedimenti  a  favore  della  Calabria.  Anche  questa  legge  diede, purtroppo, scarsi risultati per un complesso di ragioni, tra cui in particolar modo quelli della organizzazione della forma del credito in genere e del credito agrario in specie.

Scoppiò,  intanto,  la  guerra  mondiale  e  l'opera  di  bonifica  subì  soste ma,  subito dopo  il  periodo  bellico,  il  problema  delle  bonifiche meridionali  si  riaffacciò all'attenzione nazionale ed a seguito della legge del 20 agosto 1921, n° 1177 e del R.D. 22 dicembre 1921, n° 2046 che costituivano e regolavano gli Enti autonomi di  bonifica,  col  R.D.  1°  febbraio  1922,  n°  227  fu  istituito  in  Nicastro  un  Ente autonomo per provvedere alla bonifica della Piana di S. Eufemia.

L'attività degli Enti fu, però, assai scarsa, tanto che attraverso il R.D. 15 settembre 1923, n° 2313 si arrivò alla loro soppressione col proposito di instaurare in tutta la penisola  uno  stesso  sistema  per  l'esecuzione  delle  bonifiche.  Si  giunse,  così,  al T.U.  30  dicembre  1923,  n°  3256  che  al  n°  127  dell'allegato  A  riportava, classificata  in  prima  categoria,  la  bonifica  della  Piana  di  S.  Eufemia,  sotto  la denominazione «laghi e terreni paludosi fra Capo Suvero e la foce dell'Angitola ». 

Tale  bonifica  abbracciava  il  vasto  territorio  che  si  estende  tra  il  litorale  e  la ferrovia  Battipaglia  -  Reggio  Calabria,  dalla  foce  del  fiume  Angitola  a  Capo Suvero  lungo  il  golfo  di  S.  Eufemia,  per  circa  25  chilometri,  nonché  altre importanti zone a monte della ferrovia e ad essa adiacenti nel tratto che ricade a nord della stazione ferroviaria di S. Pietro a Maida.

In  conformità  con  le  direttive  poste  a  base  del  nuovo  T.U.  30  dicembre  1923, nacque  l'iniziativa  della  costituzione  di  un  Consorzio  fra  proprietari  per l'esecuzione della bonifica Angitola-Capo Suvero.

Ne fu promotore il Gr. Uff. Avv. Francesco Massara, alla cui opera sono dovuti gli studi tecnici sui problemi delle bonifiche calabresi e la realizzazione del grandioso stabilimento  di  S.  Eufemia  Lamezia  che  ha  determinato  il  processo  di  rapida espansione della bieticoltura calabrese.

Lo scoraggiamento e la sfiducia determinati dal lungo abbandono in cui i passati Governi  avevano  tenuto  la  regione  e  la  vecchia  complicata  mentalità  dei proprietari  che  non  volevano  cambiare  i  vecchi  sistemi,  fecero  naufragare l'iniziativa dell'Avv. Massara. 

Finalmente nel  1926  fu  formato un consorzio  "Società Bonifica S. Eufemia". Il progetto  redatto  dalla  società  calabrese  venne  approvato  con  decreto  del provveditorato  ai  Lavori  Pubblici  n.  6591  del  1926  perché  era  meno  costoso  di quello presentato da una società romana e dimostrava una migliore conoscenza dei luoghi  su  cui  intervenire.  Nel  1927  la  "Società  Bonifica  S.  Eufemia"  cambia denominazione  in  "Società  Anonima  Bonifiche  Calabresi"  con  presidente  il senatore  Maurizio  Maraviglia,  che  aveva  contatti  diretti  con  Mussolini.    

                 clic link per vedere un filmato dell'epoca https://youtu.be/1l_73TWRRso?list=PLDB5A022FB2AF1755


La bonifica della piana lametina fu seguita con particolare attenzione da parte di molti esponenti politici del regime fascista soprattutto perché si trovava nel "baricentro geografico" regionale. Il fascismo, affrontando pur con una concezione totalitaria la bonifica integrale, aveva avviato a soluzione uno dei più importanti problemi di questo  territorio  contribuendo  alla  sua  trasformazione  economica  e  sociale,  da raggiungere  anzitutto  con  il  progresso  dell'agricoltura,  poi  con  lo  sviluppo dell'industria e del commercio. 

I lavori iniziarono il 1928 furono sistemati 17 torrenti, costruite strade, realizzate opere di sistemazione idraulico forestale.

Con la bonifica oltre al villaggio di S. Eufemia, che si estendeva in un'area di 43 ha, nacquero i villaggi di S. Pietro del Littorio e S. Eufemia del Golfo. 

Con R.D. 8.2.1934 fu costituito il Consorzio di bonifica della Piana di S.Eufemia che  comprende  un  territorio  di  34.600  ettari  appartenenti  a  quindici  comuni:

Amato, Curinga, Feroleto Antico, Filadelfia, Francavilla Angitola, Gizzeria, Serrastretta, Maida, Marcellinara, Nicastro, Pianopoli, Pizzo, Sambiase, Sant'Eufemia e S.Pietro a Maida.

Dal  punto  di  vista  morfologico-ambientale  il  territorio  del comprensorio  era delimitato  ad  ovest  dal  mare  Tirreno  tra  la  punta  di  Capo  Suvero  e  la  foce del fiume Angitola,  ed  è  caratterizzato  da  una  varietà  di  giacitura  che,  dal  livello  del mare, raggiunge circa i 500 m di altitudine per cui si possono distinguere tre zone a diversa altimetria e precisamente:

a)  di pianura; b) precollinare; c) collinare e di montagna.

Tale distribuzione non é puramente altimetrica poiché mentre la zona di piano è costituita  da  terre  alluvionali,  quelle  di  colle,  se  si  escludono  i  letti  di  fiumi,  é invece costituita da terre autoctone.

Il territorio formato in parte notevole dalla conoidi dei torrenti appenninici e da numerosi terrazzi marini quaternari, presenta dunque una morfologia abbastanza regolare. 

La vicinanza del mare, i monti che la proteggono contro i venti freddi del Nord, concorrono a determinare la particolare mitezza del clima del Golfo di S. Eufemia, nel  quale  non  si  riscontrano  le  temperature  estreme  che  possono  danneggiare  o impedire il processo vegetativo. La latitudine imprime però nella temperatura una caratteristica  tutta  mediterranea;  l'andamento  delle  vallate,  la  esposizione  nei riflessi del  vento oltre che del  sole  sono elementi perturbatori. Lo stesso si può dire  delle  precipitazioni  che  nelle  zone  movimentate  e  ad  altimetria  variabile,

accusano differenze sensibili da un punto all'altro.

La dolcezza del clima non é investita dalle temperature minime estreme, che non risultano  mai  inferiori  allo  zero.  Non  si  registrano  quindi  quegli  estremi  di temperatura che si verificano nei climi continentali durante i mesi invernali, con criticità per il processo vegetativo.

L'idrografia superficiale è assai complessa ed é principalmente definita dal Fiume Amato che nasce sopra Soveria Mannelli ed é alimentato intorno alla depressione di  Decollatura  da  numerose  piccole  sorgenti.  Tale  fiume  precipita  in  una  gola incassata entro le molasse plioceniche e i terrazzi marini quaternari; esce al piano sotto Marcellinara e raggiunge il mare nel letto scavato nelle stesse alluvioni.

Tutti gli altri corsi d'acqua hanno un profilo breve e ripidissimo, nascono da vette e da altopiani elevati e le acque scendono dopo pochi chilometri in pianura a quote molto  più  basse  esercitando  una  forte  azione  erosiva;  il  ciglio  della  caduta  si arretra naturalmente di anno in anno e le valli si fanno più profonde.

Il materiale strappato al fondo e alle sponde é trascinato al basso, si ferma dove i fiumi  trovano  il  suolo  poco  acclive,  generando  enormi  depositi  alluvionali  o immensi coni di deiezione.

Su tutti i corsi d'acqua ricadenti nella Piana di S.Eufemia si è dovuto intervenire per una loro regimentazione perché  avendo  un  percorso  breve  e  ripidissimo  (dalle  cime  più  alte  da  dove nascono raggiungono in pochi chilometri la Piana) esercitavano una forte azione erosiva col trasporto di imponenti quantità di materiale detritico, generando stagni e acquitrini che per secoli avevano caratterizzato lo stato malarico del territorio.

Per sistemare il torrente Bagni furono fatte molte opere sia da parte del Genio Civile con la costruzione di briglie a monte, sia da parte del Corpo forestale con  una  grande  opera  di  rimboschimento.  La  Società  Bonifiche  Calabresi successivamente intensificò gli interventi e provvide alla sistemazione valliva con la costruzione di argini continui dalla statale al mare.

Le opere di sistemazione del torrente Cantagalli o fiumara di Sambiase consistettero in costruzione di briglie e arginature.

Alla  sistemazione  del  torrente  Piazza  intervenne  prima  il  Genio  Civile  con  la costruzione  di  numerosissime  briglie  e  successivamente  la  Società    Bonifiche Calabresi con la costruzioni di muri di sostegno.

Il torrente Canne  fu  sistemato principalmente nel suo tratto vallivo,  negli argini continui della lunghezza di oltre 8 km, furono intercalate 53 briglie. Altre briglie, difese  di  sponda  e  tratti  di  arginature  furono  eseguite  nei  tributari  Zangarone  e Valloncello.

Per quanto riguarda il fiume Amato nel tratto tra Marcellinara e Soveria per km 2 fu  eseguita  la  sistemazione  con  argini  rivestiti,  successivamente  la  sistemazione riprese a monte della ferrovia Napoli-Reggio C., infine furono sistemati tutti i suoi affluenti.

I lavori compiuti dalla Società Bonifiche Calabresi comportarono una spesa di 230 milioni  e  si  indirizzarono  in  tutti  i  campi  della  bonifica,  dalle  sistemazioni idrauliche e forestali, alle strade, alle canalizzazioni, alla costituzione di villaggi agricoli.

Le  opere  pubbliche  eseguite  dalla  Società  Bonifiche  Calabresi  (Piano  Generale Consorzio  di  Bonifica  della  "Piana  di  S.Eufemia"-  Relazione  del  15.10.56  ) furono:  km  70  di  opere  stradali;  km  65  di  canalizzazioni;  km  28  sistemazioni idrauliche; ha 80 sistemazioni forestali; ha 66 colmate; n.4 villaggi agricoli. 

Dopo la bonifica si intensificò la produzione agricola. Nel censimento del 1936, su una popolazione attiva di 33.787 individui il 69,1% erano occupati in agricoltura; il 16,9% nell'industria; il 2,8% nei trasporti; il 4,9 nel commercio; il 6,3 in altre attività.

Nella Piana l'agricoltura diventa una forma esclusiva di attività, anche se si  tratta  di  piccole  aziende  che  contano  ognuna  pochi  addetti,  per  effetto dell'eccessiva parcellizzazione del territorio. 

Il  paesaggio  urbano  che  caratterizzava  la  Piana  dopo  la  bonifica  è  il  villaggio rurale, le case sparse sono rare. Le medie e grandi proprietà del comprensorio sono quasi  sempre  dotate  di  un  nucleo  di  fabbricati,  denominate  "casine",  abitazioni padronali contadine, costituite da magazzino, stalla, frantoio, cantina.

Queste  "casine"  comprendono  pochi  vani  d'abitazione,  perché  i  lavoratori risiedono nei villaggi e raramente prendono stabile dimora sul fondo. Prima della bonifica, in tutta la Piana esistevano soltanto alcuni fabbricati vicino alla stazione di  S.  Eufemia  Marina  e  nelle  vicinanze  della  stazione  di  Curinga.  Esisteva  il villaggio di Santa Eufemia del Golfo ma era stato abbandonato dagli abitanti per la  malaria  e  per  l'interruzione  della  strada  Sambiase- Santa  Eufemia  Marina, provocata dalle piene del Bagni. 

Con la bonifica furono costruiti quattro villaggi nei pressi delle stazioni ferroviarie di  Santa  Eufemia  Lamezia,  S.Pietro  a  Maida,  Curinga  e  dove  sorgeva  l'antico centro di Santa Eufemia del Golfo. Questi centri, secondo i programmi, dovevano assumere funzioni non solo agricole ma industriali e commerciali, concentravano anche  una  serie  di  servizi  per  essere  autosufficienti  e  cioè  avevano  ognuno  una scuola con annessa abitazione per l'insegnante, un forno con panificio, un lavatoio con abbeveratoio, un edificio per  la posta e per i carabinieri, ed una chiesa con canonica. 

Il  villaggio  di  Santa  Eufemia  Lamezia  (vicino  alla  stazione)  fu  progettato  su un'area di mq 43.000; la pianta è stata concepita secondo il disegno razionalista dell'epoca fascista e cioè una piazza centrale, di forma ottogonale, dalla quale a raggiera partono otto strade con relativi  fabbricati allineati, una di queste strade conduce alla stazione ferroviaria.

Il villaggio di Santa Eufemia del Golfo costruito sulle rovine del vecchio borgo abbandonato  si  componeva  di  una  serie  di  fabbricati  situati  lungo  la  strada principale,  con  inizio  dalla  piazzetta  principale  in  cui  è  situata  la  chiesetta restaurata.

I villaggi di S.Pietro a Maida e di Curinga  furono costruiti sempre in prossimità degli scali ferroviari. 

Questi villaggi per poter svolgere le loro funzioni di ospitare le nuove popolazioni e di assolvere a compiti di sviluppo economico avevano bisogno di collegamenti infrastrutturali e di opere pubbliche (in particolare acquedotti) che furono  eseguite dalla  Società  Bonifiche  Calabresi.  In  pochi  anni,  nel  1956  si  potevano  contare nuove  opere  per:  km  70  di  opere  stradali;  km  65  di  canalizzazioni;  km  28 sistemazioni idrauliche; ha 80 di sistemazioni forestali; ha 66 di colmate. 

Queste  infrastrutture  e  questi  piccoli  aggregati  urbani  (costruiti  per  opera  della Società  Anonima  Bonifiche  Calabresi)  consentirono  alla  città  di  Nicastro  di riappropriarsi del rapporto economico-commerciale con il territorio costiero e con l' hinterland regionale e interregionale. E' con la bonifica della Piana che riaffiora il terzo centro urbano del Lametino cioè Sant'Eufemia (legge 8 aprile 1935 n.639).

Oltre alle sistemazioni idrauliche ed alle "opere di civiltà" testè descritte, il Consorzio di Bonifica della Piana di S.Eufemia, a partire dagli anni '60, ha iniziato una vera e propria trasformazione del territorio dotandolo di quelle infrastrutture capaci di rendere irrigui i terreni della Piana, favorendo così la crescita e lo sviluppo economico.

All'altezza di monte Marello, in territorio del comune di Maierato (VV), tra gli anni 1964 e '68 ha  realizzato uno sbarramento della foce fluviale  con la costituzione di due dighe in materiali sciolti che creano un invaso artificiale della capacità di 21 milioni di metri cubi, la cui gestione è rivolta al fabbisogno idrico del comprensorio agricolo della Piana di S.Eufemia.

Il lago Angitola é immerso in un'oasi di protezione della fauna che è la zona umida più importante della Calabria. La diga ricade in un territorio ad alta sismicità ed è posta subito a monte della strada statale 18, della Ferrovia e dell'Autostrada SA-RC, tutti importantissimi nodi infrastrutturali dai quali dipende il collegamento NORD-SUD del sistema Paese, nei riguardi del quale la diga costituisce un fattore di rischio.

Il Consorzio, in base alla concessione n. 2769 del 28/12/1959, provvede alla gestione dell'opera, rispondendo direttamente al Ministero delle Infrastrutture - Servizio Dighe, cura la manutenzione della diga, dei manufatti e degli impianti, redige i necessari studi specialistici che consentono di intraprendere le azioni necessarie a garantire livelli di sicurezza adeguati, nonché il mantenimento della capacità utile propria del serbatoio ed il funzionamento degli organi di scarico e di presa.

Dall'invaso sopra descritto trae origine l'impianto irriguo "Angitola" suddiviso a sua volta in "Angitola a canaletta", "Angitola 1° lotto", "3° DmF" e "6° DmF".

A cavallo degli anni '70-'80 il Consorzio ha realizzato in territorio di Curinga l'impianto irriguo "Turrina", in territorio di Lamezia Terme l'impianto irriguo "Bagni", in territorio di Pianopoli l'impianto irriguo "S. Ippolito", in territorio di Feroleto Antico l'impianto irriguo "Badia", in territorio di Amantea, Nocera Terinese, S. Mango d'Aquino l'impianto irriguo "Savuto", in pratica operando su tutto il comprensorio amministrato.

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